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25 gen 2014 - 30 nov -1

La fame nel mondo si può ridurre senza l'uso di OGM in agricoltura

di Matteo Giannattasio
(Medico e agronomo, già ordinario di Fisiologia vegetale, facoltà di Agraria Università di Napoli)


Caro direttore,
le conclusioni del meeting di esperti Fao «Greening the Economy with Agriculture» (Parigi 2011, www. fao.org) e quelle contenute nel rapporto del 2009 «Agricoltura al bivio» (Agriculture at the Crossroad; www.unep.org) , che ha coinvolto per più di 4 anni circa 400 esperti di tutto il mondo , sono state unanimi: l’incremento di produttività raggiunto dall’agricoltura moderna, basata sulla triade monocoltura, concimazione con nitrati e uso massiccio di pesticidi, è stato ottenuto senza badare alla sostenibilità ambientale, quindi a costo dello sfruttamento intensivo e spesso irreversibile delle risorse naturali. Le conseguenze sono tante: erosione del suolo, contaminazione dell’acqua, inquinamento dei bacini idrogeologici, deforestazione, perdita di biodiversità. Pertanto, abbiamo il dovere di vagliare, anche in termini di sostenibilità, qualunque presunta innovazione sia proposta nel campo dell’ agricoltura che oggi si pratica.


Illustr. di Chiara DattolaIllustr. di Chiara DattolaStando alle dichiarazioni di scienziati (che per lo più sono tali ma in campi lontanissimi dall’agricoltura), uno dei vantaggi offerti dall’impiego delle piante geneticamente modificate per la resistenza ai patogeni (alla piralide, per esempio) sarebbe la riduzione dell’uso dei pesticidi e di conseguenza dei rischi per la nostra salute e per quella dell’ambiente. Se fosse vero, dovremmo riscontrare che negli Stati Uniti, un Paese che utilizza su vasta scala piante geneticamente modificate di questo tipo, l’impiego dei pesticidi si sia ridotto rispetto all’epoca pre-ogm. Un grafico (Global pesticide sales by region), riportato in un numero speciale dell’autorevole rivista scientifica americana Science e dedicato ai pesticidi («Smarter pest control»; www.sciencemag/special/pesticides), fa sospettare che le cose non stanno così. Esso, infatti, ci mostra che in quel Paese il trend delle vendite di pesticidi degli ultimi anni è in salita (sotto gli 8.000 milioni di dollari nel 2010, quasi 9.000 milioni di dollari nel 2012). Ci sono poi dati pubblicati sulla rivista «Environmental Sciences Europe» (www.enveurope.com/content/24/1/24) indicanti che, sempre negli Stati Uniti, con l’introduzione delle piante geneticamente modificate per la resistenza agli erbicidi come il glifosate, la quantità di erbicidi impiegata in agricoltura è aumentata di oltre 200 milioni di kg dal 1996 al 2011.

Inoltre, già ci sono segnalazioni di infestanti diventate resistenti al glifosate (www.weedscience.com). E intanto, il consiglio che viene dato dal sito della prestigiosa università americana di Berkeley (www.newscenter.berkeley.edu) è questo: mangiate cibo bio, quando potete, perché in questo modo ridurrete il rischio di esposizione ai pesticidi degli alimenti. Expo 2015 potrebbe essere un’occasione per discutere della sostenibilità di un’agricoltura basata sull’impiego di varietà di piante geneticamente modificate, di cui si va dicendo che rappresenta un’opportunità per risolvere la fame nel mondo senza però indicare precisamente come e senza affrontare la questione della sostenibilità. Diverse questioni meritano una risposta e, tra queste, se gli ogm consentano di ridurre il consumo di nitrati e pesticidi (che hanno un costo energetico e ambientale enorme) e di evitare lo spreco di acqua che attualmente fa l’agricoltura intensiva; se è possibile la coesistenza tra colture gm, no-gm e bio e se non esiste il rischio di contaminazione genetica di varietà locali che assicurano prodotti tipici di alto pregio (perché se così non fosse, sarebbe una violazione della libertà degli agricoltori che non vogliono gli ogm); se non ci sono rischi per la salute dell’ambiente e per la nostra salute; se davvero e come le colture geneticamente modificate possono risolvere il problema della fame nel mondo, che in verità già oggi, senza ogm, potrebbe essere in parte risolto se si rimuovessero gli ostacoli che non sono di carattere agronomico (tra i tanti, quelli che ci riguardano come Paesi industrializzati, sono lo spreco del cibo che si butta, il fatto che mangiamo troppo mentre altrove si mangia troppo poco, per produrre carne in abbondanza, si sottraggono al consumo diretto enormi risorse alimentari).


Ne potrebbe venire fuori anche una corretta informazione su questo tema, appassionante quanto oscuro per la gente comune.

Medico e agronomo, 
già ordinario di Fisiologia vegetale, 
facoltà di Agraria Università di Napoli
m.giannattasio@libero.it

Le riflessiono di Matteo Giannattasio sugli OGM continuano sul Blog "Il Pasto nudo", vi inviatiamo a leggerle.


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